Archivi categoria: allevamento e agricoltura

Quando la tecnologia aiuta a migliorare la qualità

Tecnologia, ricerca industriale, qualità dei cibi e delle produzioni agro-alimentari.
Chi mi legge sa bene quanto sia legato alle piccole produzioni, ai metodi ispirati dalla tradizione e di come più volte abbia sottolineato i gravi effetti collaterali dovuti al dilagare dell’intensivo…
MA questo NON significa affatto non riconoscere lo straordinario contributo offerto dall’innovazione tecnologica in agricoltura, nella trasformazione, nella conservazione…ANZI!

Proprio partendo dalla conservazione pensiamo all’importanza del frigorifero ed alla catena del freddo, ciò ha fatto in modo che sulle nostre tavole arrivassero alimenti meglio conservati e  con proprietà organolettiche migliori.

Innovazione ed equilibrio dei cicli di produzione in campagna

Del resto non c’è nulla che nasce per nuocere e tantomeno la tecnologia, casomai è l’eccesso, l’uso distorsivo e contrario ai ritmi naturali che può rovinare l’equilibrio.
Ma se l’innovazione è al servizio del miglioramento delle condizioni di vita e del lavoro, se è coerente con la salvaguardia delle risorse naturali e delle biodiversità allora diventa essenziale, cruciale per consentire la redditività e l’esistenza stessa di mestieri fondamentali come l’agricoltore o l’allevatore. Continua a leggere

non solo in allevamento: anche in campagna domina l’agricoltura intensiva

Si parla sovente di allevamenti intensivi ma il “metodo intensivo” lo possiamo osservare facilmente anche nelle campagne. Pratiche impattanti nell’ambiente e sempre più spesso messe in relazione ai cambiamenti climatici.

Dedico molto del mio tempo ad incontrare ed intervistare le persone che tutti i giorni si dedicano, con sacrificio e passione, ad un lavoro che è diventato sempre più complesso.
Ciò che in passato era scontato e cioè la logica dei clicli naturali, oggi deve essere spiegata, occorre giustificarsi ed alla fine confrontarsi con quello che è assunto ad unico metro di valutazione: IL PREZZO.

Cos’è l’agricoltura intensiva

agricoltura intensiva

Per definire l’agricoltura intensiva prendo questo nozione presa da:

http://www.idaic.it/agricoltura-intensiva.html

L’agricoltura intensiva è quindi in definitiva un’attività economica che si propone di mettere in atto dei processi in grado di produrre, nel modo più razionale, efficiente e conveniente, dei beni primari richiesti dal mercato. L’agricoltura intensiva si ripropone di ottenere il massimo rendimento per ettaro. E’ un’agricoltura industrializzata, condotta e gestita in una prospettiva aziendale, tutta protesa alla commercializzazione di prodotti destinati a soddisfare i bisogni delle grandi città.
Per raggiungere tale obiettivo utilizza al meglio gli strumenti che la scienza agronomica mette a disposizione, ferme restando le implicazioni negative di una pratica agricola intensiva troppo spinta  e della necessità talvolta di un’agricoltura sostenibile, come unica via per rispettare l’ambiente, la biodiversità e la naturale capacità di assorbimento dei rifiuti della terra.

Ne ho parlato anche recentemente in un’intervista (pubblicata sul mio canale youtube) con Vinicio Zaggia, agricoltore e allevatore in provincia di Padova che dal 1996 è impegnato nella riqualificazione dei terreni e degli allevamenti in Biologico. Continua a leggere

Un tempo era tutto biologico (ma non lo si sapeva)!

Il movimento del Biologico nasce più o meno intorno agli anni 70, all’inizio era semi-sconosciuto al grande pubblico e lontanissimo dal livello di popolarità che conosce oggi.

Quando emergono nuove filosofie e tecniche produttive o si usano prodotti che prima non esistevano, si creano inevitabilmente due fazioni: chi abbraccia la nuova proposta e chi di rimane fermo nelle proprie idee.

Dinamiche che si osservano anche in agricoltura… nel momento in cui alcuni iniziano a seguire protocolli standardizzati di produzione, altri reagiscono ribadendo la bontà del loro metodo rimanendo fermi sulle loro idee.

Prima del BIOLOGICO: la strada del nonno…

prima del biologicoSicuramente prima degli anni ’70 la parola BIOLOGICO non era conosciuta.
La povertà era talmente diffusa che chi aveva il proprio podere, faticava anche solo ad immaginare di acquistare nuovi prodotti da spargere in campo. Si andava avanti come tramandato di generazione in generazione… era la strada tracciata dal nonno.

Il nonno ed il babbo erano i miei “eroi… sono quindi tuttora portato a considerare il “vecchio” metodo non come unico accettabile ma, nella sua semplicità mi sembrava (ed ancora mi sembra) in armonia con la natura.

Ma poi… era un metodo così sbagliato o antiquato? Continua a leggere

Rubia Gallega. Ma la “Vaca Vecia” si fa anche in Italia?

Abbiamo spesso parlato di razze bovine, avevamo fatto anche un articolo (e video) sulle mode cui anche questo settore non è permeabile. Ebbene oggi parliamo della moda del momento: la Rubia Gallega, la vaca vieja galiziana (italianizzata in Vaca Vecia nel titolo…).

Un tempo qui nella mia zona di Ferrara la vacca vecchia veniva chiamata la “Manzarda”, bella imponente e con una carne di gran gusto. Ebbene si! I nostri allevatori italiani fanno la Vaca Vecia, si è sempre fatta e continueranno a farla, una vacca portata all’ingrasso, certo non sempre allevata a pascolo, ma comunque una grande carne.

rubia gallega galiziana

Rubia Gallega: l’importanza del marketing e del fare “sistema”

Come in tutte le cose che fanno gli spagnoli il fattore marketing e comunicazione è sicuramente un qualcosa di dirompente, che penetra nel mercato e si fa conoscere. Fiere, internet, distributori… i nostri vicini  sanno fare molto bene a vendere e valorizzare il loro prodotto! Continua a leggere

Due chiacchiere con l’allevatore, video-intervista a Vinicio Zaggia

Prima di parlare di allevamento ho sempre pensato fosse necessario sentire il parere degli allevatori. Ho quindi deciso di proporre una serie di interviste, due chiacchiere con l’allevatore.

In particolare delle piccole realtà ed Aziende agricole familiari che, magari da generazioni, fanno questo mestiere e ne hanno vissuto le trasformazioni nel tempo.

Ed il suo racconto parte dalla TERRA. Come è cambiato il modo di coltivare la terra?
Vinicio sostiene che uno dei fenomeni più preoccupanti che ha registrato nella sua ormai lunga esperienza è un progressivo decadimento della forza vitale dei terreni…e questo l’ha portato a fare una scelta precisa… riscoprendo metodi antichi SENZA rinunciare alle tecnologie.

Vinicio Zaggia è un testimone di questo passaggio. Con la sua famiglia alleva Scottone a Cartura (PD). Da molti anni lavoriamo con grande intesa ed ottimi risultati.

Le Aziende Agricole con cui collaboriamo, sono i nostri “compagni di viaggio”, con loro condividiamo modalità ed etica del lavoro, affrontiamo sfide e progetti comuni.

Il risultato è la materia prima di grande qualità frutto di questo lavoro straordinario che ha nel rispetto del benessere animale e nella sostenibilità i punti fermi. Potremmo dire che qui il lavoro inizia dalla terra, si produce quanto serve per l’alimentazione animale e gli scarti delle stalle tornano a nutrire i campi proprio con l’obiettivo di minimizzare l’impatto ambientale.

 

 

Allevamenti intensivi: perchè ci scandalizziamo?

Abbiamo parlato spesso di allevamenti intensivi e abbiamo cercato di descrivere, mostrare, filmare, testimoniare quale siano le profonde differenze tra questo tipo di allevamenti e le piccole produzioni, le aziende agricole. Abbiamo presentato, anche su questo blog, esperienze reali di piccoli allevatori che hanno una chiara filosofia di lavoro, che allevano in modo etico nel rispetto del benessere animale e dei ritmi naturali di crescita.

Tante piccole realtà fatte gente appassionata sparsi in tutta Italia e che quotidianamente dedicano la loro vita per cercare di fare un lavoro spesso dimenticato ma di grande, grandissimo impegno.

Allevamenti intensivi: andiamo oltre allo sconcerto

Allevamento intensivo

Poi però c’è lo stato di fatto, il mercato ed i suoi numeri impietosi. Questi numeri ci dicono che la maggior parte degli allevamenti Italiani è intensivo (recenti servizi giornalistici indicano in circa circa l’85%).
Le immagini che vanno in onda sono quelle tipiche degli allevamenti intensivi industriali e puntualmente, dopo ogni puntata, si scatena scandalo e sconcerto nell’opinione pubblica…consumatori che poi si rivolgono ai negozi specializzati chiedendo:

…Ma è proprio vero?

…Davvero gli allevamenti intensivi sono così?

…Ma come si fa a trattare degli animali a quel modo? Ecc. ecc… Continua a leggere

Nutraceutica e carni di qualità

Ma cos’è questa nutraceutica…e perchè avrebbe a che fare con la carne??

La nutraceutica è una parola coniata da Stephen De Felice nel 1989.
La parola unisce due elementi:

  • La Nutrizione
  • La Farmaceutica

La Nutraceutica si pone lo scopo di interpretare il cibo come elemento curativo, come un farmaco, per il nostro corpo.

nutraceutica della carne
Certo non è una grande novità già Ippocrate citava: «Lasciate che il cibo sia la vostra medicina e la vostra medicina sia il cibo». E come non fare riferimento alla Ayurveda, medicina tradizionale indiana, vecchia di migliaia di anni che cita il cibo in funzione dei suoi scopi benefici per il fisico.

Quindi abbiamo già esempi prima di Stephen che avevano e hanno e utilizzano il cibo come elemento curativo sfuttandone i principi.

Stephan oltre a coniare il nome “nutraceutica” è stato forse il primo ad approfondire i motivi per i quali determinati elementi del cibo avessero proprietà analizzando le varie tipologie, i diversi elementi ed i relativi effetti.

Gli alimenti nutraceutici vengono definiti funzionali e possono appartenere a categorie vegetali ma anche animali.

Ad esempio, così come il pomodoro, il limone e l’arancia è risaputo contengano vitamina C (chiaramente con un dosaggio di circa 12 mg/ 100Gr se si vogliono avere risultati), così anche la CARNE di maiale contiene creatina, il manzo vitamina B12, il pesce azzurro DHA ecc.. ecc..

Ma la nostra carne è nutraceutica? come faccio a saperlo?

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Resa delle carni in macelleria, come valutarla? Consideriamo prima il tipo di allevamento!

Resa delle carni…croce e delizie degli addetti ai lavori, a volte diventa un vero e proprio assillo.

Per capire quanto un animale macellato “renda” la formula è molto semplice. Stiamo parlando della resa in carne una volta disossata, sgrassata, tolti i nervi, cordoni ecc..
La valutazione si va a fare in maniera analoga per ogni tipologia di carne: bovina, ovina, suina o pollame che sia.

La resa per definire il prezzo di vendita

  • In sostanza la carne pulita, pronta per la vendita quanto ci viene a costare?
  • E di conseguenza, a quanto dobbiamo venderla?

E’ chiaro che più polpa ricaveremo più alta sarà la resa delle carni giacchè la parte ossea rimane più o meno la medesima. Occorre però considerare, sopratutto nelle razze bovine, che lo scheletro varia notevolmente nei diametri e nelle altezze incidendo in modo assai diverso rispetto a razze con scheletri più esili. Anche la pelle ha la sua valenza avendo spessori diversi.

E’ dunque molto chiaro come il concetto di resa delle carni rivesta un ruolo essenziale nella pianificazione imprenditoriale della macelleria.
In realtà questo post non vuole essere una esposizione sulle rese per tipologia di carne. L’introduzione mi serviva per introdurre un argomento successivo ma strettamente connesso: parliamo di ALLEVAMENTI.

Tipologia di allevamento e resa delle carni

Allevamento intensivo

Abbiamo in più occasioni parlato delle differenze enormi (anche attraverso video ed esperienze concrete) che ci sono tra un allevamento intensivo ed una struttura che alleva allo stato brado o semibrado. Non mi ripeterò su questi aspetti, mi interessa focalizzare l’attenzione sulle differenze che hanno effetto sulla RESA delle carni.

Conosciamo benissimo l’abilità di chi progetta e conduce allevamenti intensivi nel FABBRICARE (è proprio il termine che reputo idoneo in questo caso) GLI ANIMALI.

Nel tempo alimentazione e genetica si sono talmente affinate che è praticamente a priori calcolato, definito, il numero di giorni in cui sarà pronto l’animale. E chiaramente tutto è stato studiato per dare grandi RESE, con grande soddisfazione per chi vende.

Bello il brado e il semi-brado…. ma la resa?

Dall’altra parte abbiamo allevamenti bradi o semibradi.

Realtà molto affascinanti e di sicuro interesse. Recentemente si sta facendo più educazione sotto questo aspetto… animali liberi, non stressati, non ammassati, con spazi idonei, luce, areazione ecc… Noi stiamo facendo il possibile ed anche di più per far comprendere che esistono, che un’alternativa all’intensivo c’è!

Quando pubblichiamo qualche foto di questi allevamenti, di questi allevatori EROI che resistono ancora, sappiamo fin da subito che cattureremo l’attenzione e l’apprezzamento dei nostri clienti.allevamento brado

MA non è tutto facile, scegliere questo tipo di produzione, abbracciare questa filosofia comporta fatica e controindicazioni.

Il problema è che tipi di allevamento del genere calcolare quando sarà pronto l’animale diventa quasi impossibile.
E qui subentra la questione RESA….

Facciamo un esempio pratico:

In un recinto (quindi semibrado) dove mettiamo una ventina di maiali, tutti fratelli, quindi nati lo stesso giorno, durante l’allevamento noteremo che ognuno di essi avrà comportamenti diversi. Ci sarà il suino più esuberante o il più dominante, avremo qualcuno più solitario, menefreghista ecc… insomma, senza voler essere irrispettosi, noteremo differenze di comportamento proprio come noi esseri umani.

Ebbene, questi tipi di comportamento abbinati alla genetica quindi alla fisicità, al movimento, (chi più pigro, chi più esuberante) determinano un peso finale che sarà ben diverso, da quello ottenuto allevando lo stesso capo in batteria, con clicli di cibo ben precisi nei tempi e nelle quantità.

Diciamo che in batteria, anche se le differenze caratteriali e fisiche rimangono più o meno le medesime, avremo più uniformità, gli elementi variabili saranno limitati.

Risultato: una RESA sostanzialmente equiparabile tra i diversi suini allevati.

Gli stessi esemplari allevati in semibrado?
Per tutti i fattori e le VARIABILI menzionati i nostri suini avranno pesi e forme ben diverse e quindi ci saranno differenze importanti di RESA. Sostanzialmente qui le variabili genetiche e caratteriali si esalteranno durante la crescita.

Capite benissimo che per l’acquirente (macelleria) questa ipotetica “incertezza” è fonte di difficoltà, a volte porta a rinunciare… perchè il prodotto non RENDE o se rende non rende in maniera uniforme.

Quindi spesso si rinuncia per tornare alla BATTERIA che dà risultati più costanti e sicuramente più importanti. In una parola: rassicuranti.

Quello che dovrebbe essere un pregio, la DIVERSITA’, viene rapidamente vissuto come un difetto, come un mancato incasso e quindi spesso si rinuncia alla favola idillica dell’allevamento brado o semibrado per passare a situazioni più costanti e sicure.

Allevare un animale libero è bellissimo ma bisogna fare i conti con tanti aspetti che precludono la nostra famigerata RESA:

  • Il tempo
    a volte le stagioni rallentano il periodo di accrescimento di un animale
  • Il Caratttere dell’animale
    può essere sinonimo di accrescimento molto più lento
  • Movimento
    un animale che si muove di più avrà carni più tenaci e ingrasserà in maniera molto lenta

Insomma se ti piacciono gli animali liberi metti in conto che la RESA difficilmente sarà costante, la dimensione stessa delle macellazioni non potrà esserlo.
Dovrai SCEGLIERE un percorso difficile ma sicuramente abbraccerai un principio, una filosofia fatta di rispetto, di sostenibilità a discapito purtroppo della massimazione del guadagno.

Ma le carni che proporrai avranno un indice nutrizionale ben più elevato e sano e non è forse lo scopo finale di tutto il nostro impegno?

Fasce tampone e boschetti in agricoltura: a cosa serve?

Durante l’ultima edizione della nostra “gita in stalla” che organizziamo annualmente per i nostri clienti in collaborazione con Vinicio Zaggia dell’Az. Agricola Zaggia di Bovolenta (PD), abbiamo fatto assieme un percorso didattico nei campi di coltivazione. L’azienda, con cui collaboriamo da anni per l’allevamento dei nostri capi,  produce direttamente l’alimentazione per gli animali che alleva…

Una parte importante della loro campagna ho notato essere “sacrificata” per far posto a fasce tampone e boschetti. Una scelta importante ed apparentemente anti-economica poichè significa togliere spazi per la produzione.

Fasce tampone e boschetti in agricoltura: uno spreco?

  • Perchè quindi questa scelta?
  • A cosa servono le fasce tampone? Sono davvero così utili?

fasce tampone e boschettiHo approfittato innanzitutto della competenza di Vinicio per togliermi qualche curiosità ed ho poi ulteriormente approfondito sul sito www.monzaflora.it. Devo dire che vi ho trovato una certa affinità ma soprattutto una filosofia, un metodo di fare agricoltura, che non so se è nuovo o recente, ma è sicuramente molto affascinante.

Nella nostra pianura padana siamo ormai abituati e vedere campagne dove la diversificazione delle coltivazioni , separate solamente da filari o piccoli fossi, danno la sensazione di un luogo totalmente PIATTO. Ritengo che le coltivazioni intensive hanno determinato e determinano un deterioramento del paesaggio agragrio.

Fasce tampone e boschetti: cosa sono?

fasce tampone in agricolturaLe fasce tampone e i boschetti sono strisce di terreno che sottraggono produttività alla campagna e mantengono una copertura vegetale permanente. Possono presentare specie erbacee, arbusti, alberi e arboree, abbinate e fatte per ottenere siepi composite che possono garantire alle coltivazioni e agli ecosistemi circostanti lo svolgimento di alcuni compiti essenziali.

Si pensi che nelle campagne dei Zaggia sono state piantate oltre 57 Km di fascia tampone, lungo fossi di delimitazione dei terreni.

7 buoni motivi per difendere le fasce tamponi ed i boschetti nelle campagne

  1. Sicuramente le fasce tampone intervengono e influenzano l’aspetto paesaggistico ma non solo, sono utili e riducono gli effetti dell’erosione idrica e eolica, e con il tempo si possono trasformare in habitat naturali per molte specie animali selvatici, creando corridoi ecologici che si espandono nella campagna facilitando fauna e flora, con un incremento della biodiversità.
  2. Costituiscono un rifugio e un riparo per tutte quelle specie utili all’agricoltura come uccelli insettivori o insetti predatori, ma al contempo costituiscono una barriera per gli attacchi fungini da un campo all’altro.
  3. Hanno un effetto frangivento, che può essere utili a mitigare il piegamento di certe colture.
  4. Garantiscono l’ombreggiamento dell’alveo che tiene sotto controllo lo sviluppo di alghe e piante acquatiche, con conseguente minore manutenzione dell’alveo stesso.
  5. Se sono ben progettate riescono a sopperire alla perdita di produzione del terreno agricolo fornendo: legna da ardere, legname ad opera, frutti eduli, prodotti apistici e contribuiscono ad una maggiore diversificazione della produzione.
  6. Svolgono una precisa azione di consolidamento delle sponde offrendo maggiore resistenza all’azione erosiva delle acque, mentre le radici più superficiali rallentano il flusso dell’acqua riducendo l’esportazione del terreno superficiale.
  7. Questa azione “Filtro” rallenta e trattiene gli inquinanti agricoli, che possono essere nitrati, fosforo derivanti dalle escrezioni del bestiame, ma anche di eventuali pesticidi.
    Gli agenti inquinanti vengono intercettati, immobilizzati tra le radici delle fasce ed eventualmente ceduti, trasformati gradualmente dai microorganismi presenti nel terreno stesso, diventando in alcuni casi nutrienti delle specie arboree e arbustive. Vengono così preservate le acque da contaminazione, mantenendo un habitat acquatico ideale.Le ricerche effettuate dalla Società Americana di Scienza del Suolo finalizzate a verificare se effettivamente le fasce tampone fossero in grado di abbattere il contenuto di antibiotico e sostanze nocive che raggiungono le acque superficiali, hanno comprovato che le fasce intercettano le acque di scolo superficiali e la presenza di vegetazione perenne può condurre alla variazione delle proprietà del suolo.E’ comunque necessario provvedere alla loro manutenzione, per garantire una filtrazione efficace e limare la crescita eccessiva delle piante.

Che dire … sicuramente un lavoro di riequilibrio del terreno, un aiuto alla lotta naturale contro gli infestanti, donando alla campagna un aspetto e un paesaggio di grande bellezza.

Bravi Fratelli Zaggia e grazie della lezione!

 

Allevare suini di Mora Romagnola: intervista a Giovanni Zavoli, allevatore.

Abbiamo già trattato di razze suine autoctone italiane (QUI, l’articolo sul blog). Oggi approfondiamo il tema parlando di MORA ROMAGNOLA e non solo con un allevatore che malgrado la sua giovane età ha alle spalle una solida e lunga storia familiare in quel di Saludecio (Rimini).

Giovanni Zavoli alleva i suoi suini allo stato brado, nel rispetto del benessere animale e producento nella sua azienda agricola l’alimento necessario per i capi. Inoltre ha fatto una scelta precisa per la produzione dei suoi salumi, senza uso di chimiche di sintesi e coerente con le modalità di allevamento.

Giovanni vuoi presentarti e illustrarci ciò che fai?

Salve a tutti, mi chiamo Giovanni Zavoli, ho 33 anni e insieme a mio fratello Matteo e alla mia famiglia lavoro nell’azienda agricola nata grazie a mio nonno negli anni 50 a Saludecio (rimini) dove coltiviamo cereali e foraggi per alimentare i nostri animali (suini e bovini) che alleviamo per poi trasformarli direttamente nel nostro laboratorio e poterli così proporre a chi cerca qualcosa di diverso sul mercato

Fai un lavoro molto particolare, allevi Mora Romagnola, ci vorresti descrivere la razza?

La mora romagnola è una razza suina molto particolare, con una storia molto affascinante e con caratteristiche uniche, sia per quanto riguarda l’animale che per i prodotti che ne derivano.

MORA ROMAGNOLA: caratteristiche, resa, caratteristiche dell’allevamento BRADO

mora romagnola

mora romagnola (foto Az. Agricola Zavoli)

Quali sono le differenze sostanziali tra una Mora e un suino incrociato rosato?

Le differenze tra un suino bianco e la mora sono tante.. a partire dalla scarsa prolificità (media 5/6 suinetti per la mora contro i 10/12 del bianco) , accrescimento lento ( la mora raggiunge i 170/180 kg dopo 16/18 mesi, il bianco supera i 200kg dopo 10/12 mesi), scarsa resa alla macellazione (la mora sviluppa molto più grasso rispetto al suino bianco) oltre ovviamente ai prodotti che ne derivano.. Continua a leggere