Archivi categoria: allevamento e agricoltura

Il pastore: un mestiere sottovalutato e per nulla “semplice”!

Quello del pastore è uno dei lavori più antichi dell’umanità, tuttavia oggi risulta essere una professione superata e praticamente sconosciuta alla maggior parte delle persone.

Lo si può immaginare come una persona con scarsi rapporti sociali, che porta a spasso il suo gregge per lunghi periodi,  dedita a una vita dura e di sacrificio.

il pastore – gregge della famiglia Morandi (allevamento veneto ovini)

In realtà è uno dei mestieri meno conosciuti e più sottovalutati, dalle molteplici sfaccettature e molto importante per la salvaguardia del territorio. Continua a leggere

Allevamenti e gas serra: i dati italiani li scagionano

Allevamenti sotto accusa

Non vi è dubbio che negli ultimi anni vi sia stato un accanimento nelle accuse su tutto ciò che riguarda il mondo della carne, allevamenti e gas serra sono spesso considerati quasi sinonimi!

Abbiamo assistito alla demonizzazione del consumo di carne, visto gli scaffali dei supermercati  riempirsi di prodotti sostitutivi alla carne di ogni tipo e persino riprodurre carne artificiale all’interno di laboratori.

Ma i maggiori imputati sono sempre stati gli allevamenti, accusati di essere i principali responsabili del surriscaldamento globale per l’eccessiva produzione di  gas serra.

Sebbene agenzie e consorzi di categoria  abbiano prodotto dati per ridimensionare e smontare  queste accuse, la campagna mediatica anti-carne ha continuato ad imperare e lapidare con parole pesanti gli allevamenti.

Allevamenti e gas serra: i dati li scagionano

Pandemia e smog: l’impatto positivo sull’ambiente

Ora conoscete molto bene la mia opinione sugli allevamenti intensivi, e quanto sostenga  la necessità di diffondere allevamenti più piccoli che abbiano come priorità il benessere animale e la qualità del prodotto, con attenzione e cura dell’ambiente. Continua a leggere

Ma da dove arriva la carne?

Qualche sera fa su Rai3,  Presa Diretta ha mandato in onda un interessante servizio dal titolo “Troppa carne a buon mercato”. La trasmissione che partiva da un’inchiesta sullo stato delle foreste amazzoniche e sulle cause della deforestazione di quelle aree, proseguiva proprio analizzando l’importazione di carne Brasiliana del nostro paese.
Abbiamo scoperto quindi che proprio l’Italia, è il PRIMO IMPORTATORE DI CARNE BRASILIANA  tra i paesi europei (27.000 tonnellate/anno – secondo i dati Eurostat 2018).
Proprio così! Un’enorme mole di importazione di carne bovina dal Brasile, dove la razza bovina più diffusa è il Zebù, una tipica razza locale.

da dove arriva la carne?

E dove va a finire questa carne importata?

Va a finire in mense, ristoranti, lavorazioni di trasformati, come prodotti surgelati, brodi, sughi, ragù e poi macinati, hamburger, ecc..
Per questi prodotti, a differenza del prodotto fresco, NON E’ OBBLIGATORIO indicare in etichetta provenienza e tracciabilità della carne.
Stessa cosa nella ristorazione, in Italia, a differenza di ciò che sta accadendo in alcuni paesi europei, non è d’obbligo indicare la provenienza della carne dei piatti presenti in menù…

E’ perché c’è questa massiccia importazione?

il motivo si riassume in una parola: PREZZO!
Infatti costa molto meno comprare carne dal Brasile che dalla propria filiera Italiana.
Prezzi molto, molto diversi e molto più contenuti.
Quindi rischiamo di perdere la filiera Italiana, perdiamo in produttività ed in qualità.

Anzichè adottare politiche efficaci a tutela delle nostre filiere si preferisce tagliare il problema e importare. Poi ci i dispiacciamo quando le nostre aziende chiudono e perdiamo lavoro, immagine, territorialità, ecc…

Un problema che investe anche alcune produzioni simbolo della nostra tradizione gastronomica… Il servizio tratta il caso della Bresaola Valtellina Igp (ne avevamo già parlato anche QUI) che viene prodotta in grande quantità anche con queste carni.
Infatti il disciplinare non specifica la provenienza della materia prima e che quindi può essere Italiano o di importazione.
Attenzione però il servizio (di cui metto il link) specifica che NON TUTTI LA PRODUCONO CON CARNE ESTERA, anzi!
Vi sono produttori che sottolineano il proprio lavoro di filiera Italiana, producendo e trasformando le proprie carni, certificando la filiera.

Provenienza della carne in etichetta? Si ma se è un preparato…allora non serve!

Anche Altro Consumo si è occupata di della questione provenienza della carne nei prodotti trasformati evidenziando che su un cospicuo campione di preparati prelevati in supermercati, solo una minima parte dichiarava l’origine del prodotto.
Riporto il link dell’articolo:
https://www.altroconsumo.it/alimentazione/fare-la-spesa/news/inchiesta-origine-carne

E allora perché questo capita? Com’è possibile?Non dovrebbe essere obbligatorio indicare la provenienza della carne dopo lo scandalo “Mucca Pazza”?

Semplice, basta un altro ingrediente diverso dalla carne presente nella preparazione anche in piccola quantità …può essere ad esempio anche un acido ascorbico… e il gioco è fatto.

Al di sotto del 99% di carne si può omettere l’origine. Basta un po’ di sale che faccia scendere la percentuale e siamo giunti al traguardo.
Nel servizio si portano ad esempio gli hamburger di provenienza industriale.
Se leggiamo gli ingredienti possiamo trovare fiocchi di patata, fibra vegetale, agrumi e anche il bambù!!

L’esempio positivo di Coalvi

Gli autori di “Presa Diretta” non si sono limitati alla denuncia ma hanno portato anche esempi postivi (evviva!) di chi lavora in modo opposto e subisce le conseguenze negative della massiccia importazione e delle regole che non tutelano abbastanza le produzioni Italiane.

E’ stato portato ad esempio il caso di Coalvi (consorzio tutela razza Piemontese) che ha fatto vedere tutta la propria filiera dall’allevamento fino alla vendita della carne.
Coalvi ha aperto le proprie porte ( e con orgoglio aggiungo!!), per far vedere tutta la propria filiera dalla stalla alla trasformazione. Perchè quando si agisce in un certo modo si è orgogliosi di mostrare il proprio lavoro.
Altri “grandi” non hanno accettato interviste, nemmeno da remoto o in video chat, limitandosi a comunicati scritti senza possibilità di confronto. Stili diversi, per quanto legittimi

Ed anche noi, nel nostro piccolo, proprio per tutelare i nostri consumatori abbiamo creato disciplinari sulle nostre filiere, perchè vogliamo dare sostanza e trasparenza a ciò che divulghiamo.

Che dire… ancora una volta tocca ribadirlo…
La battaglia del prezzo è una pratica che ormai dovrebbe essere stra-conosciuta anche al consumatore. Quando un prezzo è troppo basso, qualcuno all’interno della filiera ci ha perso qualcosa.

 

L’ITALIA ha la biodiversità più grande al mondo: Difendiamola!

Senza dubbio mi ritengo fortunato ad  ad essere nato in Italia. Un Paese che detiene oltre il 70% del patrimonio culturale artistico mondiale, già solo questo la dice lunga del luogo in cui viviamo… eppure c’è ancora di più e tanto di più!

Sapevo della nostra grande tradizione culinaria, della grande biodiversità che si riflette nella gastronomia, nella cucina, nella produzione di salumi, nei vegetali eccc…… Insomma un Paese straordinario… uno straniero che, con qualsiasi mezzo, arriva in Italia dovrebbe quasi pagare una tassa, per l’inimitabile mole di opportunità ed eccellenze di cui può godere dalle Alpi alla Sicilia!

Italia: oltre il 70% della biodiversità in solo lo 0,5% del territorio mondiale!

biodiversità italiaLa percezione di questa enorme “ricchezza” ce l’avevo da sempre MA grazie ad un video, trovato casualmente online, di Oscar Farinetti ne ho avuto conferma con NUMERI, DATI veramente impressionanti!

In questo video Farinetti spiega, numeri alla mano, quanta biodiversità ci sia in Italia… ma la cosa più sorprendente è che questo Paese così pieno di “ricchezze”  occupa solo lo 0,50% della superficie mondiale…quindi un niente, un Paese tutto sommato minuscolo, eppure ricchissimo.

Vi invito a vedere il video su YouTube (VEDI QUI) ma intanto voglio sottolineare alcuni di questi “numeri” perchè mi hanno veramente colpito ed affascinato!

Pensate che:

  • Abbiamo più di 7000 specie vegetali edibili (primi al mondo)…tante? Poche?…. Beh! Pensate che il Brasile, al secondo posto, ne ha 3300 e che qualsiasi regione Italiana ha più specie vegetali di ogni altro stato Europeo.
  • Abbiamo 58.000 specie animali, il secondo paese al mondo ne ha 20.000
  • Deteniamo 1.200 vitigni autoctoni, la Fracia al secondo posto ne ha 222
  • Possediamo 533 cultivar di olive, la Spgana che è al secondo posto, ne ha 70
  • Abbiamo 140 cultivar di grano duro, gli Stati Uniti al secondo posto e immensamente più grandi di noi ne hanno 6…

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Nutrizione e Sistema immunitario

Che ci sia un legame tra l’alimentazione, gli aspetti nutrizionali e le nostre difese immunitarie è un concetto che ho ribadito spesso. Premessa: non sono un medico, non sono un nutrizionista. Produco cibo. La curiosità, la voglia di informarmi e migliorare il mio lavoro stimolano continuamente il mio interesse su questi temi…proprio perchè ritengano facciano parte del mio mestiere.

In quest’ottica sono stato particolarmente soddisfatto dalla lettura di un articolo su “salute-prevenzione.it” a cura del dott. Philippe Lagarde dal titolo: “NELLA GUERRA CONTRO I VIRUS, LA SCIENZA DIMENTICA SEMPRE IL SISTEMA IMMUNITARIO” Leggi QUI

Un tema dunque di particolare attualità!

Il cibo: la “benzina” del sistema immunitario

Nutrizione e Sistema immunitario

Nutrizione e Sistema immunitario

Non voglio certo riportare qui l’intero articolo che vi invito a leggere per una più puntuale informazione. In sostanza si sostiene che  il nostro corpo ha un suo sistema immunitario praticamente perfetto…. ma gli manca la “benzina”, il giusto nutrimento per far sì che sia sempre efficiente nel lavoro di contrasto a virus e malattie.

Nel mio libro “Tutto parte dalla Terra” ho dedicato una sezione agli “alimenti che ci saziano ma NON ci nutrono”. Mai come oggi vediamo pubblicità di integratori “miracolosi” che danno energia e interverrebbero per colmare le nostre mancanze di vitamine e di micro e macro nutrienti….

E questo è un dato confermato anche dall’OMS, secondo la quale ben l’83% della popolazione con più di 40 anni è carente di micronutrienti.

La natura ci metterebbe a disposizione, attraverso il cibo, TUTTO il necessario… ma ciò che l’uomo attualmente produce, per diverse cause, non ci nutre abbastanza cioè pur saziandoci non apporta al nostro organismo tutto ciò di cui avremmo bisogno.

Cibo che sazia ma non nutre

Questo cosa significa? Continua a leggere

Coronavirus ed emissioni: forse l’agricoltura non era l’unico colpevole

Poche settimane prima della catastrofe legata al Coronavirus sono stato invitato a partecipare ad un incontro promosso dai giovani della Coldiretti di Verona. Tema: “Cambiamenti climatici: l’agricoltura è il problema o la soluzione?”  Ho avuto l’occasione ed il piacere di parlare del mio libro “Tutto parte dalla Terra” ma soprattutto ho potuto ASCOLTARE.

Prima del mio intervento, hanno parlato un ricercatore ed un giornalista affrontando il tema dal punto di vista scientifico con i risultati di studi e numeri relativi al problema.

Ne è emerso che ci sono tanti equivoci riguardo all’impatto dell’agricoltura sull’ambiente. I numeri forniti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del Ministero dell’ambiente, preposto a monitorare le emissioni di gas ad effetto serra, evidenziano che all’agricoltura spetta solo il 7,2% delle emissioni rispetto all’81% del settore energetico. Va detto peraltro che l’agricoltura italiana, incluso il settore zootecnico, è una delle più sostenibili in Europa per quel che riguarda le emissioni di gas serra e sono il 23% in meno rispetto alla Spagna, il 55% della Germania e 61% della Francia 

Nel mio intervento ho sottolineato il fatto che nonostante le grandi criticità dovute all’agricoltura intensiva legate allo sfruttamento dei terreni (toglie humus e provoca fenomeni di cedimento degli stessi), questa influisce in minima parte al fenomeno del surriscaldamento globale e stesso ragionamento può essere esteso agli allevamenti.

In una recente breve video intervento , il Prof. Giuseppe Pulina, presidente di Carni sostenibili, accenna al fatto che la vera causa è la COMBUSTIONE. Il fatto è, Sostiene Pulina,  che negli ultimi 100 anni si è estratto il carbonio giacente per millenni sottoterra e tramite la combustione è stato emesso in atmosfera.

Anche agricoltura e zootecnia utilizzano mezzi per la combustione ma non è sicuramente l’attività principale.

Qualche lettore del blog potrebbe essere portato a pensare che io stia “difendendo” a priori gli interessi del settore cui più o meno appartengo…non è così.

Coronavirus: meno combustione = meno emissioni ( e meno inquinamento)

Se è vero che il Coronavirus ha provocato e sta provocando cambiamenti sociali ed economici (spesso drammatici ed epocali), è anche vero che ci sta forse aiutando a comprendere meglio le dinamiche legate all’impatto delle attività umane su inquinamento ed emissioni.

Le immagini dai satelliti sono eloquenti: si sta a casa, non si usa l’auto, molte fabbriche sono rimaste chiuse… quindi MENO COMBUSTIONE, l’agricoltura e l’allevamento invece sono andate avanti per soddisfare i bisogni primari….Ebbene, solo nella prima settimana di lockdown si è registrata una riduzione di più del 40% di emissioni, una dato destinato a crescere con il proseguimento delle restrizioni.

A ciò si aggiunge il riscontro sul minor inquinamento ambientale: acque tornate limpide, vedi i canali di Venezia, animali che si avvicinano e scorrazzano nei parchi, vedi i leprotti nel parco di Milano… e tutto questo come conseguenza del radicale cambiamento (forzato) dei comportamenti e di modi di vivere.

Tornando al problema emissioni in atmosfera credo che questa situazione ci possa aiutare a comprendere come le “colpe” sono di tutti noi. Riguardano la nostra quotidianità, i nostri stili di vita. Con l’auto andiamo al lavoro, ci portiamo i figli a scuola e non è pensabile “ELIMINARE” il problema ma prendere coscienza che i nostri comportamenti hanno conseguenze, quello sì.

E’ più facile “colpevolizzare” settori come l’agricoltura o la zootecnia. Anch’essi incidono, lo ribadisco, ma NON in modo prevalente o esclusivo. Al contrario soprattutto negli ultimi 20 anni hanno lavorato e sono riusciti ad abbassare le loro emissioni in modo rilevante.

Il mio rammarico o la ia preoccupazione è legata al fatto che  l’uomo dimentica molto in fretta soprattutto se si tratta di mettersi alle spalle tragedie come quella che stiamo vivendo.

Il che è umano e comprensibile MA dovremmo almeno cercare di mantenere vivo quanto di utile ci h insegnato questa condizione. Forse invece torneranno le solite polemiche…in tal caso spero che qualcuno, con la memoria lunga, ce lo ricorderà!

Carne sintetica: siamo alla svolta?

Sembra che per salvare il pianeta la strada che si è deciso di percorrere sia realizzare carne sintetica. 

Quello che fino a poco tempo fa era poco più di uno slogan per “colpire” l’attenzione del lettore comincia ad essere un progetto ben più concreto ed il fatto che industriali e miliardari come Bill Gates  ci stiano investendo cifre molto rilevanti rende la carne sintetica qualcosa con cui, verosimilmente avremo a che fare in un futuro non troppo lontano.

Uno dei punti cruciali è il costo. I primi esperimenti e le primissime produzioni, oltre a non essere accattivanti come consistenza e sapore, avevano un costo improponibile.
Oggi, questi costi si sono ridotti considerevolmente seppure siano ancora molto elevati per il mercato dei consumatori.

Carne sintetica? Perchè si è arrivati a questo?

Si vorrebbe ottenere una carne “superiore”, più etica, con la stessa consistenza e lo stesso gusto e più sana (!?)…quindi obiettivi molto ambiziosi direi.

MA nutrirmi con un alimento fatto in un laboratorio mi lascia più di un dubbio, non riesco proprio ad essere tranquillo. Infatti la carne è ottenuta partendo da cellule di manzo che vengono fatte moltiplicare usando una piattaforma di ingegneria dei tessuti 3D.

Essenzialmente uno dei motivi principali sul quale si punta è per la questione ambientale, cui siamo tutti sensibili ovviamente.
Sapete che dal letame e dalla digestione dei bovini, si producono gas (soprattutto metano) e scarti responsabili di inquinamento ed impatto ambientale.
Questo succede soprattutto per quegli allevamenti intensivi che oltre alle produzioni dei gas serra dissipano acqua per mantenere gli animali.

MA questo “spreco” di acqua vale anche per l’agricoltura intensiva dove il consumo è uguale se non superiore ed inoltre non tutte le campagne servono per produrre cibo per gli animali. Eppure, non capisco perchè, questo non faccia scandalo…mah!

carne sintetica

Carne sintetica – (immagine concettuale ©Adobe® Stock)

Siamo sicuri che la carne sintetica sia la soluzione per l’ambiente?

Aldilà della polemica o della triste “gara” a chi inquina di più, mi interessa qui riportare un articolo pubblicato su  Focus (leggi qui). Vengono riportati studi che evidenzierebbero come la carne sintetica, almeno per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico e dei gas serra, non sarà il miracolo che salverà la terra.

Riporto un trafiletto che riassume lo  studio che mette a confronto i due diversi processi produttivi della carne (tradizionale e sintetico):

Emissioni a confronto. I ricercatori della Oxford Martin School hanno analizzato le implicazioni climatiche a lungo termine dei due diversi processi produttivi, con una differenza rispetto agli studi precedenti: non hanno convertito, come spesso accade, tutte le diverse emissioni di gas serra in tonnellate di CO2 equivalente. A parità di tonnellate emesse, il metano ha infatti un impatto sul clima molto più elevato dell’anidride carbonica. Tuttavia, permane in atmosfera soltanto per 12 anni circa, mentre la CO2 persiste, e si accumula per millenni.

Quindi da questo studio emerge che se è vero che le emissioni di gas prodotte dagli allevamenti siano impattanti dopo un periodo svaniscono, cosa ben diverse per la CO2 emessa nel processo di produzione delle carni sintetiche che potrebbe essere più devastante a lungo termine.

Se da una parte si preservano suoli e il consumo di acqua, dall’altra l’inquinamento derivato dalle sostanze chimiche e dagli ormoni necessari per la produzione di carne sintetica avrebbe comunque un impatto ambientale importante.

Sinceramente non so chi abbia ragione, non ho sufficienti competenze in ambito fisico-chimico per entrare nel dettaglio.

Mi sembra però che il tema legato all’uso ed alla produzione di risorse per uso alimentare rimanga cruciale e che siamo ancora lontani dal trovare una soluzione realmente sostenibile.

In questo quadro ribadisco che nella mia esperienza le PICCOLE REALTA’, gestite in modo corretto ed oculato e basate sui cicli naturali riescono ad essere meno impattanti, più in equilibrio con la terra.

Perchè a volte “tornare indietro” a metodi produttivi del passato potrebbe essere la base per un vero “progresso”.

Allevamenti intensivi ed il caso del PULCINO da 4 Kg: oltre al titolo c’è di più!

Qualche settimana, fa scorrendo il news feed di  FB, mi sono imbattuto  in un articolo del Corriere della Sera che titolava a caratteri cubitali: “COME FA UN PULCINO A PESARE 4 KG?” (clicca QUI per visualizzare l’articolo), si parlava di allevamenti intensivi, avicoli.

Incuriosito ed interessato vado a leggermi l’articolo scritto dalla giornalista Orsola Riva che, riprendendo una “denuncia” esposta dal noto giornale Economist, pone l’attenzione sui fattori di crescita negli allevamenti avicoli, mettendo a confronto polli degli anni ’50 con i “moderni” e più pesanti e strutturati polli odierni.

Vi riporto una parte dell’articolo:

“…viene messa a confronto la taglia di un pollo di due mesi negli anni Cinquanta e oggi. Dal 1957 al 2005 il suo peso medio è passato da poco meno di un chilo (900 grammi) a 4,2 chili. Una mostruosità resa possibile dai sistemi di allevamento intensivi denunciati da Jonathan Coe già venticinque anni fa nel suo romanzo satirico La famiglia Winshaw. L’Economist ne descrive uno in particolare, nell’Essex, dove i polli, pigiati uno contro l’altro, siedono su montagne di escrementi che vengono ripulite solo al termine del ciclo, cioè quando vengono ammazzati. Ma così non rischiano di ammalarsi?…”

Allevamento intensivo, allevamento NON intensivo

Allevamenti intensivi? L’alternativa c’è!

Allevamenti intensivi: una realtà prevista dalla Legge

Chi ci segue capisce bene che Economist e Corriere hanno scoperto l’acqua calda… Allevamenti di polli di tipo intensivo esistono già a partire dagli anni ’60 e sinceramente se questo può essere di aiuto ad entrambe le testate giornalistiche, possiamo star certi che esisteranno anche in futuro.
E questo perché, come già detto e ribadito diverse volte, gli allevamenti intensivi sono legittimi e previsti dalla Legge.

Ben vengano le denunce su eventuali maltrattamenti! Sono super favorevole alle inchieste giornalistiche che vogliono portare all’attenzione del pubblico queste pratiche, ma non dimentichiamoci mai, che questi allevamenti non sono nascosti, non sono associazioni carbonare…sono aziende che generalmente operano alla luce del sole con (RIPETO) Leggi che li tutelano!

Non voglio scendere in polemica su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sapete bene che io ho fatto scelte OPPOSTE, ma debbo ammettere che quando una persona, un’azienda, rispetta la Legge, poi il modo di lavorare che adotta è affar suo e difficilmente censurabile…

Il Titolone ha come sappiamo lo scopo di incuriosire (o acchiappare click in certi casi)… ed evidenziare una notizia potenzialmente scandalosa, magari semplificando nel titolo, fa fare più visualizzazioni… (del resto anch’io qui sto contribuendo a questo traffico, ne sono consapevole)

Oltre al titolo, cosa resta al consumatore?

Resta però un punto cruciale…Cosa resta di questa informazione al consumatore?

Si perchè probabilmente se io leggessi l’articolo e non fossi informato, sicuramente l’ultima cosa al mondo che mangerei è la carne di pollo!

MA L’ALLEVAMENTO NON E’ TUTTO COSI’ (non ci sono solo gli allevamenti l’intensivi!)

In questo modo andiamo indiscriminatamente a colpire ed oscurare il gran lavoro (bello e  buono! ) di quegli allevatori, che con sacrificio, dedizione, investimenti e con una renumerazione inferiore, hanno fatto altre scelte. Opposte rispetto all’intensivo.

C’è chi fa vivere e crescere i propri polli fuori all’aperto, al pascolo. Facendo in modo che il capannone diventi un ricovero notturno a difesa dei predatori e non l’abitazione fissa per tutta la vita dell’animale.

Sono metodi di gestione completamente diversi, con impiego maggiore di forza lavoro, personale che deve per forza essere formato perchè ci sono delle fasi che sembrano banali ma che sono molto delicate e che se compromesse possono influire in maniera drastica sulla salute del pollo…come tenere un pulcino al caldo ad una certa temperatura per un certo periodo di tempo, senza che prenda freddo…

Insomma, come sapete ci spendiamo quotidianamente per raccontare e dimostrare le DIFFERENZE tra modalità di allevamento.

Spesso purtroppo questi articoli raccontano SOLO UNA PARTE (seppur prevalente, lo sappiamo) di questo settore.

MA non sarebbe utile, dopo aver mostrato le criticità del metodo intensivo, scrivere o mostrare che un’ALTERNATIVA ESISTE?

Non andrebbe a beneficio del consumatore sapere che può con CONSAPEVOLEZZA fare una scelta nei suoi acquisti e nei suoi consumi in modo, magari, da influenzare il mercato?

Perchè di allevamenti in Italia che allevano in maniera non intensiva, esistono, ci sono, sono concreti e fanno un lavoro eccellente!

Per cui la prossima volta che leggete o capitate su servizi televisivi che mostrano solo il lato oscuro e brutto degli allevamenti, chiedetevi se esiste un’alternativa… Perchè sarete probabilmente sorpresi di scoprire che realtà diverse ci sono e magari non lontane da casa vostra!

 

Non c’è solo allevamento intensivo. Gli EROI del nostro tempo!

Abbiamo parlato spesso di allevamenti intensivi, della condizione in cui vivono gli animali in queste strutture, delle conseguenze sulle qualità delle carni, con alimenti che saziano ma non sono ideali dal punto di vista nutrizionale…

allevamento intensivo

allevamento intensivo

Abbiamo visto e segnalato trasmissioni come Report, nei cui servizi si è affrontato il tema dell’antibiotico-resistenza. Insomma ogni volta che i media affrontano questo argomento si generano polemiche, si crea scandalo (ed ascolti).

Ed io, sia chiaro,  PENSO CHE SIA GIUSTO DENUNCIARE queste situazioni!

 

MA…

Ma sarebbe GIUSTO mostrare anche l’altra realtà. Continua a leggere

Allevamento: L’equilibrio terra-animali

Il rapporto tra la terra e gli animali è alla base dello sviluppo delle specie viventi, con l’avvento dell’allevamento l’uomo è intervenuto modificando l’equilibrio naturale. Ma il rapporto tra animali allevati e necessari per il sostentamento umano e la campagna era comunque cruciale. I capi erano impiegati per aiutare l’uomo nel suo lavoro e le loro deiezioni erano essenziali per concimare i terreni.

Il letame: l’equilibrio tra animali allevati e campagna

allevamento concimazione letameQuesta nuovo equilibrio è sempre stato fondamentale nelle nostre campagne, sia che i terreni fossero impiegati a seminativo o a frutteto … la ricchezza dell’humus della terra ha sempre portato buoni frutti e raccolti.

Del resto quando (ormai raramente) vediamo l’agricoltore spargere letame nel campo avvertiamo la positività di quel lavoro, pensiamo immediatamente alla salubrità di quel terreno… Il letame era materiale prezioso ed anche merce di scambio… c’era chi lo acquistava dal proprio vicino che magari aveva più animali allevati e dunque maggior produzione.

  • Ma QUANTO letame va sparso?
  • E’ sempre comunque utile o se si esagera creiamo problemi seri?

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