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Sego di manzo: il grasso dimenticato

Oltre all’olio extravergine e al burro esiste anche il SEGO DI MANZO

Siamo sempre stati abituati a vedere in cucina l’uso di grassi per accompagnare i piatti, dare gusto, sapore, mantecare, arricchire e dare corpo a un piatto che, senza questi ingredienti, risulterebbe con sapori molto più semplici e meno complessi.

I principali grassi utilizzati in cucina

Ma quali sono i due principali grassi usati in cucina e anche in pasticceria? Semplice: burro, olio extravergine di oliva e, non dimentichiamoci, il nostro re emiliano protagonista in alcune preparazioni come la piadina, lo strutto. Ebbene, se è vero che ognuno di loro ha delle caratteristiche ben precise, se è vero che ogni singolo elemento ha il suo scopo, è paradossalmente vero che a volte qualcuno di questi elementi sostituisce inaspettatamente l’altro.

E così vediamo che il nostro amato burro nel panettone a volte viene sostituito con l’olio extravergine di oliva, dando sicuramente più leggerezza al prodotto, anche se magari si perde un po’ in gusto.

Quanti oli sulla nostra penisola

E come dimenticare il risotto, quando viene mantecato con il burro, o una semplice insalata con un buon extravergine? E non addentriamoci nel patrimonio nazionale degli extravergini, così diversi, così unici, in grado di creare una vera e propria carta dell’olio per abbinare a piatti diversi. Anche un semplice e unico pane e olio diventa straordinario.

Non si butta nulla, un grasso dimenticato il sego di manzo

Pensate che nelle mie zone emiliane di Ferrara, un tempo, sempre per la solita regola del “non si butta niente”, i biscotti venivano fatti con il grasso del cappone. È veramente straordinario pensare a quanto ingegno del non spreco si avesse un tempo. E così, continuando questa filosofia, questi insegnamenti dettati dai nostri nonni, portiamo avanti la causa del non spreco e dell’utilizzare tutto dell’animale.

Il sego, il burro di manzo

sego di manzo

Un po’ ispirati da qualche video visto all’estero, ci siamo detti: “E se il nostro burro fosse fatto con il grasso nobile delle nostre scottone posto a copertura del filetto? Cosa succederebbe?” Abbiamo così iniziato a fare sperimentazione e ricerca e, anche se i primi risultati non sono stati estremamente incoraggianti, prova che ti riprova siamo giunti al nostro mitico panetto di finto burro fatto con il grasso del filetto. È vero, la mucca c’entra sempre, ma qui viene esaltato un pezzo che va a finire all’interno di bidoni di scarto.

Come si fa il sego di manzo?

La prima cosa è essenziale partire da una materia prima, molto, molto alta, manco a dirlo. E si proprio così, perché dobbiamo ricavare l’essenza della materia. Infatti una volta tolto il grasso, lo si taglia in piccoli pezzi e lo si fa sciogliere a temperatura non troppo elevata, meglio al di sotto dei 100 gradi. Una volta che il grasso si scioglierà andrà filtrato, con un colino a maglia sottile o con etamina, raffreddato per poi essere conservato in frigo, meglio se in vasetti di vetro o sottovuoto. Attenzione con quello che rimane nello scioglimento, quindi una parte di grasso che non scioglie, non buttatelo perchè lasciandolo raffreddare e aggiungendo un po di sale, saranno ottimi ciccioli di manzo. Attenzione il fatto di partire da una materia molto alta è rilevante, perché come tutti i grassi, in quello che andrete a sciogliere sarà contenuto ciò di cui si sarà nutrito l’animale. Omega 3, Omega 6, acido olinoleico ecc….. quindi siate ben consapevoli di ciò che acquistate.

Come usare il sego di manzo in cucina

E cosa facciamo con questo finto burro? Beh, la prima idea è stata quella di condire le nostre patate fatte alla brace. Quindi abbiamo preso gli elementi che accompagnano la patata: il rosmarino, l’aglio, abbiamo aggiunto la salvia e abbiamo aromatizzato il nostro burro conferendogli delle complessità aromatiche che ci aiutano a esaltare la patata in cottura. Ma non è l’unica preparazione, possiamo concederci di metterlo anche per un roux per legare una salsa, possiamo utilizzarlo per un soffritto, insomma le valenze sono tante.

La cosa essenziale è aver recuperato un pezzo considerato di scarto e averlo fatto divenire nobile, interessante, utile, sostenibile e non aver perso gli insegnamenti dei nonni.


 

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di Scottona Regina Rossa Filiera Rizzieri

 

 

 


 

Carne sintetica: siamo alla svolta?

Sembra che per salvare il pianeta la strada che si è deciso di percorrere sia realizzare carne sintetica. 

Quello che fino a poco tempo fa era poco più di uno slogan per “colpire” l’attenzione del lettore comincia ad essere un progetto ben più concreto ed il fatto che industriali e miliardari come Bill Gates  ci stiano investendo cifre molto rilevanti rende la carne sintetica qualcosa con cui, verosimilmente avremo a che fare in un futuro non troppo lontano.

Uno dei punti cruciali è il costo. I primi esperimenti e le primissime produzioni, oltre a non essere accattivanti come consistenza e sapore, avevano un costo improponibile.
Oggi, questi costi si sono ridotti considerevolmente seppure siano ancora molto elevati per il mercato dei consumatori.

Carne sintetica? Perchè si è arrivati a questo?

Si vorrebbe ottenere una carne “superiore”, più etica, con la stessa consistenza e lo stesso gusto e più sana (!?)…quindi obiettivi molto ambiziosi direi.

MA nutrirmi con un alimento fatto in un laboratorio mi lascia più di un dubbio, non riesco proprio ad essere tranquillo. Infatti la carne è ottenuta partendo da cellule di manzo che vengono fatte moltiplicare usando una piattaforma di ingegneria dei tessuti 3D.

Essenzialmente uno dei motivi principali sul quale si punta è per la questione ambientale, cui siamo tutti sensibili ovviamente.
Sapete che dal letame e dalla digestione dei bovini, si producono gas (soprattutto metano) e scarti responsabili di inquinamento ed impatto ambientale.
Questo succede soprattutto per quegli allevamenti intensivi che oltre alle produzioni dei gas serra dissipano acqua per mantenere gli animali.

MA questo “spreco” di acqua vale anche per l’agricoltura intensiva dove il consumo è uguale se non superiore ed inoltre non tutte le campagne servono per produrre cibo per gli animali. Eppure, non capisco perchè, questo non faccia scandalo…mah!

carne sintetica

Carne sintetica – (immagine concettuale ©Adobe® Stock)

Siamo sicuri che la carne sintetica sia la soluzione per l’ambiente?

Aldilà della polemica o della triste “gara” a chi inquina di più, mi interessa qui riportare un articolo pubblicato su  Focus (leggi qui). Vengono riportati studi che evidenzierebbero come la carne sintetica, almeno per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico e dei gas serra, non sarà il miracolo che salverà la terra.

Riporto un trafiletto che riassume lo  studio che mette a confronto i due diversi processi produttivi della carne (tradizionale e sintetico):

Emissioni a confronto. I ricercatori della Oxford Martin School hanno analizzato le implicazioni climatiche a lungo termine dei due diversi processi produttivi, con una differenza rispetto agli studi precedenti: non hanno convertito, come spesso accade, tutte le diverse emissioni di gas serra in tonnellate di CO2 equivalente. A parità di tonnellate emesse, il metano ha infatti un impatto sul clima molto più elevato dell’anidride carbonica. Tuttavia, permane in atmosfera soltanto per 12 anni circa, mentre la CO2 persiste, e si accumula per millenni.

Quindi da questo studio emerge che se è vero che le emissioni di gas prodotte dagli allevamenti siano impattanti dopo un periodo svaniscono, cosa ben diverse per la CO2 emessa nel processo di produzione delle carni sintetiche che potrebbe essere più devastante a lungo termine.

Se da una parte si preservano suoli e il consumo di acqua, dall’altra l’inquinamento derivato dalle sostanze chimiche e dagli ormoni necessari per la produzione di carne sintetica avrebbe comunque un impatto ambientale importante.

Sinceramente non so chi abbia ragione, non ho sufficienti competenze in ambito fisico-chimico per entrare nel dettaglio.

Mi sembra però che il tema legato all’uso ed alla produzione di risorse per uso alimentare rimanga cruciale e che siamo ancora lontani dal trovare una soluzione realmente sostenibile.

In questo quadro ribadisco che nella mia esperienza le PICCOLE REALTA’, gestite in modo corretto ed oculato e basate sui cicli naturali riescono ad essere meno impattanti, più in equilibrio con la terra.

Perchè a volte “tornare indietro” a metodi produttivi del passato potrebbe essere la base per un vero “progresso”.

Prosciutto crudo in tranci, quale scegliere?

Parliamo di Prosciutto crudo in tranci, quale è meglio scegliere? Chi mi segue sa che  ho parlato spesso di prosciutto crudo, della sua produzione e delle caratteristiche… abbiamo realizzato un video in cui spieghiamo come sceglierlo, come si disossa… e quante parti (tranci) possiamo ottenere da un prosciutto intero.

Ora, con l’arrivo dell’estate e della stagione calda i fuochi e i forni in casa si spengono per lasciare spazio e cibi freddi già pronti da poter mangiare in modo pratico, veloce, ma soprattutto senza aggiungere calore in casa.

Uno degli alimenti più gettonati è proprio il prosciutto. Chi ha un’affettatrice in casa è portato a comprare il prosciutto crudo in tranci per poter sfruttare in comodità e affettare giusto al momento del bisogno, cosa che per un prosciutto crudo è sempre un valore aggiunto.

Prosciutto crudo in tranci: meglio consumarlo entro 30 giorni circa

Il consigliamo sempre di prendere tranci e comunque tali da poterli consumare entro 30 giorni circa. Chiariamoci… se arrivate a 35/40 giorni non succede nulla eh! Il vostro prosciutto sarà ancora buono, ma ricordatevi che per gustare al  meglio le sue proprietà gustative e olfattive iniziali, non fate passare al prosciutto troppo tempo nei vostri frigoriferi.

Il consiglio è il medesimo anche se lo mettete in sottovuoto. Tranci esposti troppo a lungo a questa tecnica di conservazione non danno benefici al nostro prosciutto, anzi, vanno in qualche modo a fargli perdere gusto e profumi.

Quale trancio di prosciutto scegliere?

  • Detto questo come scegliere il trancio di prosciutto ideale?
  • Ci sono differenze nelle diverse parti del prosciutto?

Partiamo dal presupposto che se un prosciutto è fatto bene con tutti i crismi che ne conseguono, prodotto da un’ottima materia prima e stagionato da professionisti, allora sarà BUONO TUTTO,  indipendentemente dal trancio che sceglierete.

Ma si può lavorare sui vostri gusti personali, sul vostro palato. Non ne faccio tanto una questione di “più dolce” o “più saporito”, mi riferisco piuttosto alle diverse consistenze che potreste preferire.

Prosciutto crudo in tranci: analizziamo i diversi pezzi

Prosciutto crudo in tranci

Prosciutto crudo in tranci. 1: GAMBO – 2: PERA – 3: FALSA PERA

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Il Quinto Quarto, il piatto “povero” più “ricco”!

Abbiamo parlato spesso del quinto quarto, attraverso articoli blog e video. Cerco qui di fare un breve riassunto, magari per chi non ha seguito i contenuti pubblicati in passato ed illustrando 3 piatti veramente eccezionali…

In passato la carne era prerogativa delle classi sociali più abbienti. Alla macellazione l’animale si divideva in quattro quarti, due spalle e due cosce.
Il cosiddetto quinto quarto era distinato alle famiglie povere e consisteva di tutte quelle parti che componevano le frattaglie dell’animale: cuore, trippa, milza, cervella, ecc….

Il quinto quarto racconta della nostra storia

Ancora fino agli anni ’70 il quinto quarto ha rappresentato la cucina povera di un tempo. Parti dell’animale con costi molto inferiori rispetto alle bistecche o fettine che ancora erano un lusso per molte famiglie!

In realtà da sempre la cucina ha regalato grandi piatti con protagonista il quinto quarto, pensiamo alla coda alla vaccinara, la trippa, le animelle ecc…

Ma è con lo sviluppo della cucina moderna verso la fine degli anni ’80 che anche questi piatti sono stati rielaborati, con impiattamenti eleganti e degni della grande ristorazione, riscoprendo parti che certamente avrevano perso smalto e considerazione.

E così anche questi piatti, nonostante qualcuno ancora rabbrividisca solo a sentirne parlare, hanno assunto un grande fascino e sono proposti da molti grandi Chef.

Il quinto quarto elaborato dallo chef Donato Ascani

Ed a questo proposito vi voglio parlare dello chef Donato Ascani, giovane talento del ristorante Glam di Venezia, dove il patron pluristellato Enrico Bartolini,  gli ha affidato la cucina.

Donato crea grandi piatti di fine elegnaza e di grande equilibrio cimentandosi con tagli di carne e parti anatomiche non comuni ma che, grazie al suo estro dimostrano grande personalità. Donato riesce a renderli unici e adatti per tutti i palati, equilibrandoli con diversi ingrendienti…il risultato, credetemi, è straordinario!

quinto quarto: nervetti piatto dello chef Donato Ascani

quinto quarto: nervetti piatto dello chef Donato Ascani

Ad esempio i nervetti, una volta fatti bollire vengono compressi e tagliati in affettatrice sottili e messi sopra una barchetta di pane croccande, dal gusto quasi affumicato, un piatto di grande sapore e di assoluta elenza.

quinto quarto: ANIMELLE piatto dello chef Donato Ascani

quinto quarto: ANIMELLE piatto dello chef Donato Ascani

Passiamo poi alle animelle, preparate in modo straordinario e rese croccanti da una scottanta violenta in padella sono poi accompagnate da salsine di assoluto pregio.

quinto quarto: ROGNONE piatto dello chef Donato Ascani

quinto quarto: ROGNONE piatto dello chef Donato Ascani

Poi il rognone… viene cotto nel suo scrigno di grasso per poi essere servito anch’esso con una salsina che lo rende gradevole al palato, delicato come una carne tra le più fini.

Qui la cucina del quinto quarto, la cucina povera si ritrova valorizzata e degna anche nell’alta ristorazione, con piatti straordinari.
Può apparire strano, ma queste parti che non hanno sicuramente connotazioni o forme eleganti, possono trasfronarsi assumendo forme e sapori di così soave e di assoluta finezza.

Riscoprire ed elaborare una tradizione della storia gastronomica nazionale, vedere valorizzati i sapori di quelli che erano considerati i piatti dei poveri e che ora sono apprezzati nei menù più prestigiosi… chi è che adesso ha ancora il coraggio di dire che il quinto quarto è solo un taglio povero?

Vi invito veramente a provare l’intensità dei sapori, cercate di superare qualche pregiudizio se ancora ne avete, misuratevi con le ricchezze di questi tagli. Rimane oltre a tutto ciò la soddisfazione nel veder valorizzato e rispettato interamente il sacrificio dell’animale, com’è giusto che sia.

 

 

Allevamento e benessere animale: Tra il dire e il fare…si può fare!

Dicono che tra il dire e il fare ci passi il mare. Giusto, ed è proprio questo che mi è venuto in mente quando a fine 2016 ho pensato che era dal 2009 che stavamo perseguendo un preciso programma alimentare e per benessere animale in allevamento.  Abbiamo sempre parlato del contenuto di omega3 nelle nostre carni, di quanto potesse essere efficace e salutare un certo tipo di alimentazione equilibrata per i capi, a base di prodotti sani coltivati dalla stessa azienda agricola in un circuito virtuoso e sostenibile e senza affidarsi a magini o prodotti chimici di sintesi.

Bene, probabilmente siamo stati e siamo bravi a comunicare il nostro lavoro, il nostro metodo ma pensavo servisse di più! Abbiamo fatto prove ed analisi già all’inizio di questo programma, volevamo essere certi di non esagerare e di poter PROVARE quanto andiamo predicando. Dopo anni di lavoro era però giunto il momento di ri-misurare, in modo oggettivo, i risultati del percorso. Continua a leggere

iMeat – ben più di una fiera per macellai!

Aprile è tempo di fiere ed eventi… Io il 10 e l’11 aprile scorso ho partecipato ad iMeat presso Modena Fiere.
iMeat è alla sua quarta edizione e devo innanzitutto osservare come negli anni sia cresciuto costantemente sia come espositori che come presenze.

Ma cos’è iMeat?
Si tratta di una fiera/evento dedicato al settore della macelleria. E’ un’occasione che permette il contatto tra i macellai ed i produttori (di alimenti e di supporti tecnologici). Visitare iMeat significa inoltre incontrare giornalisti di riviste specializzate, scoprire nuove tecniche di lavorazione, studiare possibili investimenti per la propria attività (forni, cucine professionali ecc…). Continua a leggere